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MATERZANINI

Facoltosa famiglia di industriali del ferro che diede alla valle Sabbia numerosi giureconsulti, esponenti politici e uomini di Chiesa. Di un Raffaele, notaio, si ha memoria nella prima metà del XVI secolo, e di un Gianmaria, pure notaio, nel secolo seguente (1676). Si avvalsero spesso di lavoranti bergamaschi. Costanzo Materzanini nella seconda metà del sec. XVIII riattivava presso Villa di Vestone una sua fucina, già travolta dalle piene del Degnone e nel 1796 il figlio Giuliano ne perfezionò l'attrezzatura e si specializzò nella preparazione di «ferri longhi sottilissimi al martello, et altri sortimenti, che e per la qualità del ferro che vi si adopera, e per l'esatta manifattura a cui si riducono, sorpassano in eccellenza quelli di Svezia, ed ha potuto perciò introdursi la loro ricerca in confronto di quelli delle città conterminanti al Veneto Dominio di Ferrara, Bologna, Mantova, et altre città suddite con importo e più di ducati 4 mila». Alessandro Locatelli della Riviera di Salò faceva la spedizione consistente in «dodici colli all'anno» per Mantova, Ferrara, Bologna e Stato Pontificio. Quattro ditte veronesi si servivano del ferro lavorato dai Materzanini e altre «manifatture che vi si formano al martello e al magliolo». Costanzo, soddisfatto di aver dato alla patria una produzione ricercata e perfetta, l'8 luglio 1779 chiese al Senato l'esonero del Dazio per 25 anni a compenso dei dispendi subiti per i lavori. Nel 1797 Giambattista e Francesco, figli di Giuliano, furono nominati generali di brigata a capo delle milizie valsabbine durante la controrivoluzione; combatterono con disperato sforzo contro i bresciani favorevoli ai francesi e, dopo alterne vicende, dovettero soccombere; a causa di questa sconfitta dei valsabbini, il padre, Giuliano, ebbe la casa incendiata, venne arrestato e condotto in carcere a Brescia, dopo essere stato spogliato di "notevoli somme di denaro, carte importanti e oggetti di valore" (da 'Memorie storiche della provincia bresciana' di Riccobelli). Subì a Brescia un processo, al termine del quale, con sentenza del 28 luglio 1797 venne condannato dalla Commissione straordinaria criminale, a "esborsare scudi venti mille bresciani da piccole lire sette cadauno, nelle mani del Comitato di Vigilanza, per quindi essere disposti a beneficio della valle Sabbia". Dopo tali avvenimenti, che cambiarono la vita della valle e che, in modo particolare, falcidiarono l'attività e il patrimonio della famiglia Materzanini, anche a causa delle leggi napoleoniche che gravavano notevolmente la siderurgia, lasciarono la attività e in parte lasciarono Vestone che, della famiglia, era stata la culla per trasferirsi a Nave e poi a Brescia. Nel 1821 un Giuseppe Materzanini acquisisce la laurea in "civili atque utroque iure" e nel 1836 un Gian Maria, pure dottore in legge, svolge mansioni nel Lombardo Veneto presso vari tribunali, a Pavia e a Varese. Un Giuseppe Materzanini è parroco a Brescia in Borgo Pile nel 1819 (dall'archivio di famiglia). Il nome della famiglia torna a farsi notare in Brescia con i medici Giovanni Materzanini e il figlio Augusto che si distinsero, nella professione e nella vita pubblica. Lo stemma è: "di verde alla croce nera piantata su terreno roccioso al naturale e sormontata da tre stelle d'oro male ordinate" .