MAGGI, de Madio, de Madiis

MAGGI, de Madio, de Madiis

È senz'altro una delle famiglie bresciane più eminenti e antiche e che a differenza di molte altre non prese nome da una località. Naturalmente sono vere fantasticherie quelle che la fanno derivare dal Magog biblico, e senza prova la discendenza dalla gens romana Magia o Magna, che pure appare in alcune iscrizioni bresciane. Come anche falsi sono i martiri con tale cognome elencati dal Faino. Tuttavia se il cognome Maggi viene preso nella forma latina Madius (dal nome del quinto mese dell'anno), trasformato ed usato in nome personale, si potrebbe supporre che si tratti di famiglia di stirpe romana immigrata dalla campagna alla città nel sec. XII. Fausto Balestrini rilevando la continua presenza dei Maggi a Calvisano (dove furono pare feudatari del Monastero di Leno e il cui ricordo è ancora legato ad una cascina Maggio o Mas), mette in relazione un ramo locale sempre presente con i Macius o i Magius ricordati in lapidi romane sottolineando anche come fosse una "Macia" la madre di Virgilio. Se invece, il nome viene preso nella forma dialettale di Maso, abbreviazione di Tommaso, non si potrebbe far altro che risalire ad una capostipite di tale nome con estesi rapporti economici nella pianura occidentale e centrale (Capriolo, Cologne, Castrezzato, Lumezzane, Pompiano, Corzano, Scarpizzolo, Cadignano), dove la famiglia ebbe vasti possedimenti e si ramificò nei secoli XIII e XIV. Il Guerrini, constatato l'intersecarsi dei beni feudali e allodiali dei Maggi con quelli dei Martinengo, ha avanzato l'ipotesi che i Maggi possano essere stati discendenti di un Tommaso Martinengo, feudatario vescovile del sec. XII, che separandosi dai suoi congiunti ebbe a dare alla sua discendenza l'abbreviazione stessa del suo nome personale. Il che spiegherebbe la potenza economica dei Maggi fin dal principio del sec. XIII e la loro supremazia su altre pur nobili famiglie bresciane. La quale potenza è anche significata dai numerosi giuspatronati. Tuttavia lo stesso Paolo Guerrini ha anche avanzata l'ipotesi che quella dei Maggi sia stata una ramificazione della potente casata feudale dei Poncarali (de Pontecarale) e "precisamente discendente da quel Madius de Pontecarale, che nel 1170 era fra i capi e reggitori del Comune di Brescia". Con ciò non viene mai messo in dubbio che la famiglia, pur nella sua importanza e potenza, sia appartenuta alla nobiltà rurale, non a quella palatina o cortigiana. Forse furono Vassalli minori del Monastero di S. Faustino Maggiore e ebbero rapporti di "avocazia" con lo stesso dato che il primo nido della famiglia si trovava nelle vicinanze di quel monastero e le prime proprietà furono nei territori di Comezzano, Pompiano e Castrezzato nei quali il monastero aveva molti beni. Ebbero inoltre rapporti con il capitolo della Cattedrale nella quale alcuni Maggi erano presenti nella seconda metà del sec. XII. I "de Madiis", erano già diffusi nel Bresciano e in Lombardia attorno al Duecento divisi in diversi rami (contati a 26 nel sec. XVII) che nel 1400 verranno ammessi alla nobiltà cittadina. L'Odorici negli "Statuti Asolani" ha trovato il nome di un Joannes I (1236) che il von Schüllern ritiene probabile che fosse il figlio di Corrado qd. Lamberto e che avrebbe avuto due fratelli Berardo (1165) e Diomaco (1180) . Il "liber Potheris" nomina anche Jacobinus q. Joannis q. Girardi Madii de Mompiano (1286), e i fratelli Joannes et Brixianus q. Richalboni q. Ivanus Madii de Mompiano ecc., prova che nel sec. XIII esistevano già vani rami dei Maggi. Le figure storiche della progenie sono quelle di Emanuele IV (nato attorno al 1200 e podestà in varie città) figlio a sua volta di Berardo che figura tra i bresciani firmatari nel 1206 di un'alleanza fra Brescia, Bergamo, Cremona e Parma. Figli di Emanuele I e di Cancelleria furono Albertino (canonico, prevosto del Duomo di Brescia, morto nel 1254 circa), Bertolino (capitano del popolo in Bologna nel 1287, podestà di Padova padre di Federico vescovo di Brescia nel 1301), Berardo (vescovo di Brescia). Corradino, Matteo o Maffeo (v.) Federico, Gerardo, Durnaco, Matilia. Da Durnaco che ebbe possidenze in Cadignano e Frontignano, derivarono Maggino, da cui Galeazzo e Giannolo. Giannolo si stabilì a Milano e si crede che da lui siano discesi i Maggi milanesi. Da Galeazzo (o Gelmino) discesero Federico e Cristoforo la cui discendenza finì verso la fine del sec. XVIII. Figure eminenti del sec. XIV furono Gerardo, vescovo di Cremona, Galeotto podestà di Padova, Faustino, Giovanni, Berardo. Ghibellini, i Maggi aiutarono Bernabò Visconti contro i Guelfi bresciani alleati a Cansignorio della Scala, ma avendo poi abbandonato la causa dei Visconti vennero nel 1412 colpiti severamente assieme ad altre famiglie da Pandolfo Malatesta. Agli inizi del sec. XV la famiglia si presenta divisa in almeno dieci rami sparsi in città e nel territorio. Fausto Lechi afferma come "... ancora non è dato ricostruire quale sia il diretto discendente del ramo principale di Matteo e di Bertolino tuttavia credesi più vicina al vero l'opinione che ritiene derivare tutti i rami da un unico ceppo comune, ma essere incerto ogni attacco al ramo suddetto. Nel famoso documento del 6 ottobre 1426 che porta l'atto di dedizione di Brescia alla Repubblica di Venezia, sottoscritto da tutti i maggiorenti delle famiglie avverse a Pandolfo Malatesta ed ai Visconti, figurano dei Maggi: Onofrio, Folco, Berardo, Pinamonte". Da Federico q. Emanuele I nacque Galeotto o Galeazzo che sposò Teodora q. conte Pietro Rossi, signore di Parma. Da lei ebbe due figli Francesco e Antonio oltre ad alcune figlie. Da Mazzino o Maggino terzogenito di Antonio discesero i Maggi Via e i Maggi di Cadignano. I Maggi di Cadignano discesero da Folco q. Mazzino, che nel 1409 pagava a Pandolfo Malatesta 100 ducati d'oro per la costruzione del castello di Cadignano e che può essere ritenuto il capostipite dei Maggi di Cadignano. Il ramo di Cadignano continuò poi attraverso Ugolotto, Giacomo, Giovanni Maria (ammesso al Consiglio Generale nel 1529), Giuseppe (ammesso allo stesso nel 1562), Francesco (ammesso nel 1610), Antonio (ammesso nel 1658), Agostino (ammesso nel 1702), Carlo (ammesso nel 1738). Questi sposò il 23 aprile 1752 la nob. Cortesia Serina e ne ebbe sette figli maschi dei quali cinque si fecero religiosi, mentre l'unico sposato, Ottavio, non ebbe figli per cui la famiglia si estinse nel 1849 con p. Vincenzo Maggi (v.). È di questo ramo il beato Sebastiano Maggi (1414-1496) di Folco e quel Camillo che fu nel 1650 a Piacenza capo delle Guardie del Duca Farnese e che vi sposò Alba-Virginia Fogliani. Con I.R. Patente del 4 settembre 1818 del Governo Austriaco i fratelli citati vennero riconfermati nobili bresciani. Da Matteo, figlio sempre di Emanuele I, i genealogisti fanno discendere il ramo poi detto dei "di Gradella" insieme ad altri rami estintisi nel '600 e '700. Secondo la ricostruzione di Fausto Lechi da Berardo q. Matteo, sarebbe disceso Bertolino, padre di Nicolino (da alcuni chiamato Ottolino) e da questi Agostino. Fausto Lechi dà poi la seguente discendenza: Agostino che sappiamo fece testamento nel 1462; dei suoi figli: Carlo fece testamento nel 1508 e venne con tutta la discendenza ascritto al Consiglio Generale di Brescia. Egli ebbe numerosa figliolanza tra cui Onofrio, padre di Nicolò, a sua volta padre di Onofrio II, dottore in leggi, cavaliere e capitano di giustizia in Milano; il 19 dicembre 1538 egli acquistò dagli eredi di Marcantonio Cagnola il feudo di Vailate nel Cremasco, che fu conservato in famiglia per circa un secolo e poi perduto probabilmente per la mancata dimora nello Stato di Milano: quel feudo venne concesso poi ai Rosales nel 1647. Onofrio, che fece testamento nel 1586, ebbe dalla moglie Lodovica nobile Sala: Gerolamo, Aymo e Camillo; Aimo, nato verso il 1560 sposò Paola Albrizzi da cui: Agostino e Girolamo (1587-1654) il quale dalla moglie Ottavia Gabbiani ebbe: Lodovico, Onofrio e Aymo. Questi due ultimi, per insigni benemerenze, vennero creati conti, coi discendenti maschi con diploma 13 ottobre 1677 da Carlo II di Spagna. Onofrio (n. 1622) da Virginia Bottaini, sua moglie ebbe Girolamo (1657-1722) il quale il 23 aprile 1692 comperava e venne investito del feudo di Gradella per acquisto fatto, dopo parziale refuta, dai conti Capra, signori di Spino e dai marchesi d'Adda, signori di Pandino. Egli sposò la nobile Nicandra Albani, da cui ebbe dieci figli dei quali soltanto Carlo (n. nel 1695) continuò la famiglia sposando la nobile Eleonora Girelli che gli portò la villa di Spino di Erbusco da cui Onofrio (m. 1816) il quale fu marito della contessa Marianna Valotti e padre di nove figli tra i quali sono da notare: Carlo (1754-1829), cultore di lettere e di scienze; Francesco (1762-1835); Sebastiano (1764-1833), dotto padre filippino e Gaetano (1763-1847), che fu tra i personaggi più in vista della Rivoluzione Bresciana del 1797. Dalla contessa Lavinia Calini (1788-1860) sua moglie, ebbe due maschi e tre femmine; dei maschi Berardo (1817-1882) fu deputato al Parlamento e mori celibe e Onofrio (1809-1880) che sposò la nobile Clementina Kanyak (1834-1919) da cui ebbe: 1) Lavinia (n. 2 marzo 1862) sp. 1° marchese Francesco Dionisi Piomarta; 2° nobile Carlo Guaineri; 2) Gaetano (n. 26 marzo 1863 - m. 31 marzo 1921) sposato il 27 dicembre 1898 con Gemma Apollonio (n. 18 maggio 1880) da cui: a) Onofrio (n. 25 giugno 1900, m. 11 settembre 1923); b) Clementina (n. 7 novembre 1902); c) Joska (n. 14 luglio 1904); 3) Berardo (n. 22 aprile 1866, m. 18 luglio 1929), sp. 24 settembre 1902 Anna Vignati (n. 11 giugno 1871, m. 17 maggio 1928), da cui: a) Aymo (n. 30 luglio 1903), tenente di complemento di cavalleria; sp. 23 aprile 1931 la nob. Camilla dei conti Martinoni Caleppio; b) Camillo (n. 12 ottobre 1904, m. 3 luglio 1922); 4) Bianca (n. 18 gennaio 1871, m. 6 febbraio 1917); 5) Orsola (n. 24 aprile 1872) sp. il 10 gennaio 1894 il nobile Ercole Guaineri. Da Joska (Giuseppe) q. Gaetano e da Paola Martinoni Caleppio (sposata il 3 agosto 1936) sono nati: 1) Tea (n. a Brescia il 1 Luglio 1936), sposa a Erbusco il 1 giugno 1961 al conte Alessandro Marchetti di Montestrutto; 2) Conte Gaetano (n. a Erbusco il 1 luglio 1940 che da Mariella Cavellini (sposata a Brescia il 16 settembre 1967) ebbe: a) Paola (n. a Brescia il 1 ott. 1968), b) Berardo (n. a Brescia il 7 sett. 1974); 3) Eleonora (n. a Brescia il 26 aprile 1947 e che sposata a Stelio Salvi il 24 dic. 1966 ebbe Luca (n. a Brescia il 6 agosto 1967); 4) Sebastiana (n. a Brescia il 15 giugno 1950); Camilla, q. Gaetana (n. a Brescia il 7 nov. 1902 e m. il 12 dic. 1970) aveva sposato il 27 maggio 1940 il nob. piacentino Giuseppe Biondelli, ambasciatore. La famiglia è iscritta nel Libro d'Oro della Nob. Ital. e nell'El. uff. Nob. Ital. coi titoli di Conte di Gradella (mpr.) Conte (m.), Nobile (mf.), in persona di tutti i sopra elencati (Ricon. 22 luglio 1903).


Un altro ramo che ebbe notevole importanza fu quello disceso da Matteo o Maffeo q. Emanuele I e fratello del vescovo Berardo, attraverso Galeazzo, Antonio e i figli di questi Galeazzo II, Otto e Ottolino, Mazzino e Luigi II. Da Mazzino (n. nel 1464), secondo la ricostruzione di Fausto Lechi, nacquero Nicola (n. 1504) e Otto (n. 1510); questi da Giulia Martinengo ebbe Camillo (n. 1541) Alessandro (n. 1547), Scipione (n. 1548) e Cornelia. Dalla moglie Polissena Montini, Scipione ebbe molti figli, dei quali soltanto Vincenzo (n. 1603) dalla moglie Clelia ebbe Gio. Battista (n. 1632), Francesco (n. 1644) e Scipione (n. 1647). Continuò la famiglia il secondogenito Francesco con la moglie Lucrezia ed il loro figlio Scipione (n. 1687) avrà cinque maschi. Ma con loro si spense nel Settecento anche questo ramo, che ebbe abitazione in via Crispi, 4 a Brescia. Un altro ramo ancora, sarebbe disceso da Galeazzo, altro figlio di Matteo, fratello del vescovo Berardo. Da Galeazzo nacque Antonio, da questi Galeazzo II, Mazzino e Luigi. Mentre la discendenza dei primi due si andò spegnendo nel sec. XVIII, quella di Luigi, stabilitosi sulla fine del 1300 (forse esiliatovi per ragioni di partito) a Pompiano, discese Ettore, da cui Luigi II, ancora vivente nel 1498. Il figlio di costui Giovanni Antonio dottore in legge, ebbe Agostino che sposò la nobile Laura Caprioli, e che verso il 1550 riportò la residenza a Brescia nella parrocchia di S. Clemente. Ebbe un solo figlio, naturale, Pompeo (1575-1624) e perciò non venne accolto nel Consiglio Generale di Brescia al quale invece venne riammesso nel 1750 con i discendenti Luigi III q. Agostino (n. nel 1660) q. Carlo, q. Pompeo, Luigi III sposò nel 1753 la nob. Lelia Soardi dalla quale ebbe cinque figli dei quali solo Carlo (n. nel 1762) e Pompeo (n. nel 1765) continuarono la famiglia. Pompeo ebbe da Serafina Trinali il solo Luigi (1803-1855) podestà di Brescia e morto celibe mentre Carlo ebbe da Maddalena Milesi: 1) Giovanni Achille (1806-1859), il quale sposò Maria Mereghetti ed ebbe un figlio: Clemente (1834-1887), che dalla moglie nobile Maria Pellizzari ebbe: a) Antonio (1869-1905), sacerdote; b) Luigi (n. 1878) che sposa nel 1921 Maria Scandella, da cui: Clemente (n. 1922); c) Bortolo (1882-1905); 2) Gio Battista (n. 1818) che sposò Angela Truzzi da cui: Carlo (1843); Luigi (1852); Pietro Carlo (1856-1895). Stemma: «D'Azzurro, a tre fasce d'argento», oppure «Fasciato d'azzurro e d'argento di sei pezzi». Lo scudo accollato all'aquila bicipite di nero, con la corona infilzata nei colli. (Ric. 22 lug. 1903).


I Maggi si diffusero poi a Milano, Cremona, Piacenza. Secondo il Guerrini, forse tutti sono di origine identica: quelli di Milano vogliono discendere dai fratelli Ambrosino (Ambrogio) e Gelmino (Guglielmo) figli di Corradino, che fu fratello del vescovo di Brescia, Berardo, ed erano imparentati con molte delle primarie casate di Milano. Quelli di Cremona hanno per capostipite, secondo il Grasselli, un Giacomo ( + 1531), che ebbe per moglie una Paola Martinengo di Brescia. Vi furono dei Maggi anche in Baviera ed in Svizzera (Berna). Il Siebmacher nelle genealogie relative a famiglie del Ducato di Carinzia parla dei May, che fa derivare dai Maggi di Brescia, e riporta la favola che il cognome ebbe origine dal biblico Magog. Con Stefano Maggi (sec. XIV) un ramo della famiglia si trasferì a Verona grazie alle molte investiture fatte dai signori della Scala. Ebbero il cognome di Maggio al singolare che peraltro fu usato fino al sec. XVIII anche dai Maggi di Brescia quando si accennava ad una sola persona. Un supposto ramo dei Maggi si sarebbe stabilito addirittura in Germania e poi in Danimarca attraverso un Dionisio Maggi, (n. nel 1294) che sarebbe stato dall'arcivescovo di Magdeburgo investito della Contea di Korneburg, presso Harzburg, da dove i suoi discendenti nel 1804 emigrarono appunto in Danimarca.


Incerta la prima abitazione dei Maggi. Da un lato sembra che sorgesse nella Cittadella vecchia, forse dove sorge ora palazzo Maggi; alcune note dell'ab. Lodrini fanno ritenere che sorgesse vicino alla Pallata nella parrocchia di S. Giovanni. Negli statuti dell'anno 1313 si parla frequentemente dei Maggi, e si dice espressamente, che a mezzodì del ponte a porta S. Giovanni vi erano della suddetta famiglia: domus, casaturis, ac Turris (sic.). In questa citazione concordano due documenti 11 e 19 maggio 1284, nei quali si parla della casa di Bertolinus filius quondam Domini Berardi de Madis, a meridioe partis pontis S. Joannis: ad pontem et portam S. Joannis sive Palatae. L'abitazione sembra che fosse conterminata a mattina dalla Tresanda de Madiis, come lo prova un documento del 2 maggio 1313 nel Liber Potheris, con cui le due figlie di Maffeo Maggi, nipoti del vescovo Berardo, vendono una casa posta in tal luogo. Se a questa dimora fosse unita la torre della Pallata, o quella Turris citata più avanti fosse qualche altra, come ne esistevano allora in gran copia vicino ad ogni dimora signorile, è questione assolutamente indefinibile. Del palazzo summenzionato ora non rimangono tracce, se si eccettua la torre della Pallata, dato che vi fosse annessa. Altri pensarono che avessero avuto il loro nido nel gruppo di case denominato la corte Pollini (Curt de Pulì). Carlo Maggi, il secondo fondatore della potenza del suo casato sotto i Visconti, testando nel 1403 volle essere sepolto nella chiesa di S. Zeno, facendo obbligo ai suoi eredi di erigere un sepolcro gentilizio in detta chiesa. L'antico monumento sepolcrale, distrutto nella rifabbrica della chiesa stessa, era collocato presso l'altare di S. Anna, vicino alla porta laterale che mette nella casa canonica. Portava un epitaffio, che sarebbe stato un buon documento per la storia dell'antica e nobilissima famiglia se fosse stato conservato. Invece l'unico ricordo dei Maggi e del loro sepolcro a S. Zeno è la breve iscrizione collocata dinnanzi all'altare di San Anna, nel pavimento. Chiamandosi la chiesetta di S. Zeno "de Arcu" ha fatto pensare che ai Maggi fosse affidata la difesa della non lontana porta Bruciata. Dalla zona di S. Giovanni i Maggi, secondo qualcuno, si sarebbero poi trasferiti nella "Cittadella" edificando un palazzo al Fontanone sui resti dell'anfiteatro romano, utilizzando le pietre abbondanti nei dintorni. Ad erigerlo fu probabilmente chiamato Folco q. Carlo, e padre del beato Sebastiano. Il palazzo passò poi ai Gambara. Il palazzo di via Musei, 45 venne fatto costruire intorno al 1540 dall'arch. Lodovico Beretta su commissione del conte Onofrio Maggi. Venne restaurato e completato sul 1827 da Rodolfo Vantini. Altre Case dei Maggi erano presso S. Maria Calchera, presso la chiesa della Carità (occupata poi dalla posta, a Mompiano ecc.). Casa Maggi fu quella di vicolo Settentrionale 15 ricostruita dopo che era stata rovinata dagli spagnoli nei primi decenni del '500. Ha un bel portale di marmo a bugne e nel cortile un porticato di tre centrate con colonne a capitelli fonici; e ancora quella di via Trieste 37, di cui rimane un bel portale in marmo a bugne. Un ramo dei Maggi (quello di Mazzino o Maggino) q. Otto gravitante a Pompiano ebbe abitazione in via Crispi 4, in una casa del '500 che ancora oggi conserva tracce originarie nel volto a mensole dell'androne, negli stipiti delle due porte, nei voltini a crociera sopra la scala, nelle cantine e in otto tavolette raffiguranti armigeri e donne di un soffitto. Un altro palazzo Maggi, ma in tempi più recenti, esisteva presso S. Barnaba e con uno dei suoi angoli formava il cosiddetto Cantone dei Maggi. I Maggi possedettero anche la casa di via Musei 48; inoltre a metà dell'800 comperarono dai Dossi la casa di via Musei, 28 che nel 1975 vendettero ai Cervi.


Bei palazzi e case Maggi si incontrano a Cologne (sec. XV), Comezzano (sec. XV), Collebeato (passato poi nel 1856 alla Congrega Apostolica), Corzano (sec. XVI), Cadignano (sec. XVI), Calino (sec. XVI). Sulla fine del '700 i Maggi andavano in villa a Clusane nella parte del castello di loro proprietà e più tardi alla Spina di Erbusco. I Maggi avevano case e fondi livellari e riscuotevano decime a Fiumicello, S. Bartolomeo e S. Quirico nelle Chiusure di Brescia e a Castenedolo, Cellatica, (poi Trebeschi Sala) Collebeato, Gussago, e Sale di Gussago, Concesio, Coccaglio, Cologne, Rudiano, Trenzano, Comezzano, Corzano (ora Gatti), Cossirano, Regosa, Cadignano ed in altre località della pianura bresciana specialmente occidentale. Ebbero anche possedimenti a Chiari, Erbusco e Palazzolo. Preferita in ultimo dai Maggi è la villa di Calino, centro di attività agricola e vinicola e di incontri sportivi specie all'epoca delle Mille Miglia.