ITALIANITÀ del Garda

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ITALIANITÀ del Garda

Campagna iniziata nel 1906 per difendere il Garda, specie delle sponde italiane, dall'infiltrazione tedesca, iniziata fin dagli ultimi decenni dell'800 ed accentuatasi sempre più dal 1898. Ad aprirla fu l'allora direttore dell' "Alto Adige" di Trento" la E.M. Baroni che nel suo giornale, il 24 febbraio 1906, si indirizzava al Presidente della Dante Alighieri, che era allora l'on. Rava, invocandone l'intervento presso i molti bresciani iscritti alla Dante e insistendo specialmente sulle scritte tedesche, "quali in così gran numero non si vedono neppure nelle terre soggette all'Austria". E ciò nonostante che la disciplina delle insegne fosse regolamentata fin dal 1903 dai comuni di Desenzano, di Maderno e in seguito di Gardone Riv. La disciplina delle insegne, cui si aggiunse quella delle bandiere, venne ripresa dal Municipio di Salò nel giugno 1906, seguito da altri comuni. La polemica dilagò nella stampa bresciana e veronese e anche nazionale per la penna di Giulio de Frenzi, Scipio Sighele, Pompeo Molmenti, Gualtiero Castellino. Si parlò di pangermanesimo ormai dilagante. Nel giugno 1909 in una affollata riunione a Verona venne fondata la "Federazione per la difesa della italianità del Garda" con lo scopo di mantenere al bel lago d'Italia le caratteristiche di lingua, costumi ed edilizia, elementi intrinseci della sua bellezza, tutta italiana, ed assicurare gli stranieri, da qualunque parte del mondo accorrano e soggiornino intorno al lago di Garda, che essi saranno, come sempre, i benvenuti, e godranno della più illimitata e sicura ospitalità all'ombra delle tradizioni della civiltà più antica e della libertà più moderna, dalle quali è governata tutta la vita italiana. Nello stesso anno il prof. Fumagalli testimoniava che da un'indagine da lui condotta nei primi di agosto sulla Riviera, passando da Desenzano, a Sirmione, quindi a Salò, Gardone, Fasano, Maderno, Toscolano, Bogliaco, Gargnano, Malcesine, Riva, Torbole e Arco, e a Fasano e a Gardone in modo speciale, aveva dovuto constatare come si fosse accentuata «la fisionomia teutonica, per la qualità degli alberghi, tedeschi i più o condotti alla tedesca, con personale tedesco, le iscrizioni interne, gli avvisi di qualunque genere per i forestieri in tedesco, la cucina tutta tedesca; due chiese tedesche; una scuola tedesca a Fasano, quantità di botteghe e negozi con le insegne in lingua tedesca; poi, per la marca tedesca applicata anche ai nomi delle località; per lo sconcio tollerato supinamente di edifici - in aperto contrasto con la linea armoniosa del paesaggio italico». Nel gennaio 1910 in una affollata riunione veniva contestata l'opera della Federazione non ancora ufficiale e praticamente sepolta. Una nuova campagna venne rilanciata nel 1912 dai giornali di Gray, Manfroni ecc. con l'intenzione di suscitare emulazione con gli austriaci nei servizi e nell'organizzazione turistica, preservando le sponde italiane dalla infiltrazione straniera a più livelli. Con il luglio 1914 il flusso degli stranieri si ferma di colpo. Di italianità si parlò anche dopo la guerra mondiale specialmente nei riguardi delle proprietà e dei medici stranieri. Il problema venne proposto nell'aprile 1922 in un convegno interregionale della "Dante Alighieri". Un nuovo convegno in proposito venne promosso nel dicembre 1922 dalla Società della stazione climatica di Gardone Riviera e riproposto ancora nel settembre 1925 al 30° Congresso della Dante Alighieri a Torino.