INTAGLIATORI

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INTAGLIATORI

Le più antiche opere lignee che testimoniano l'arte dell'intaglio a Brescia sono due mensoloni con figure di cariatidi, provenienti dalla sagrestia della chiesa dei SS. Cosma e Damiano ed ora al Museo Cristiano di Brescia (prima metà del XIV sec.), la statua della Madonna con il Bambino (sec. XIV) conservata nel Convento del Buon Pastore e il simbolo di S. Giovanni (fine sec. XIV) sulla porta della sacrestia dell'omonima chiesa di Brescia. Il Quattrocento è dominato dalla figura di Johannes Teutonichus (v. Giovanni da Ulma) che scolpisce nel 1449-1450 il grande Crocifisso di Salò. Questo maestro d'origine tedesca, ma di formazione italiana, proveniente a Salò da Torri del Benaco, influenza i contemporanei e successivi artisti operanti nel bresciano. Alla metà del Quattrocento si può assegnare anche l'inizio della "Scuola clarense" che ha in Antonio Zamara (Chiari ca. 1432-1494, v. Zamara Antonio e Matteo), pittore e scultore, il suo primo rappresentante. Di questo artista conosciamo per ora solamente la statua della Madonna con il Bambino, firmata e datata 1492, nella chiesa di S. Maria della Stella di Bagnolo Mella. In qualche modo legato alla scultura lignea bresciana del Quattrocento è anche Vincenzo Foppa (v.) che si crede abbia eseguito alcune statue lignee per il polittico di Savona; ancora legato agli intagliatori è Vincenzo Civerchio, al quale vengono a torto assegnate le statue di S. Antonio Abate e di S. Orsola nella Pieve di Coccaglio. Altra importante testimonianza della scultura lignea bresciana di questa epoca è la grande pala plastica dell'altar maggiore del Duomo di Salò, intagliata da Pietro Bussolo (statue) e Bartolomeo da Isola Dovarese (cornice) nel 1476. Un Baldo da Pavia scolpisce e firma nel 1475 la statua di S. Genesio nell'omonima chiesa di Borgo S. Giacomo, mentre un Bernardino da Brescia intagliatore risulta operante ad Amboise sulla fine del Quattrocento.


La seconda metà del Quattrocento e i primi due decenni del secolo successivo vedono la grande fioritura della scultura lignea nel Bresciano, in concomitanza con il trionfo del polittico intagliato o almeno la presenza della statua a tutto tondo del Santo titolare sull'altare a lui dedicato. Successivamente si imporrà invece il gusto della pala dipinta e gli intagliatori dovranno eseguire solo le cornici. Nei primi anni del Cinquecento apre bottega in Brescia il veronese Francesco Giolfino (1488-1519) che si associa al bresciano Gerolamo Lombardi da Serle. Ancora di origine veronese-trentina è Stefano Turrini (v.) da Brentonico che nel 1525 risulta residente a Salò ed impegnato a scolpire la perduta pala plastica dell'altar maggiore della parrocchiale di Sarezzo. Nella prima metà del Cinquecento fioriscono Stefano Lamberti (v.), certo il più dotato degli intagliatori bresciani dell'epoca, e gli esponenti della "Scuola clarense" Clemente Zamara (v.), nipote di Antonio, e Clemente Tortelli (v.), nipote di Clemente Zamara. Mentre il Lamberti innesta influenze dell'arte toscana sul sottofondo foppesco, i Clarensi sono più fedeli alla loro matrice lombarda (in parte anche con ricordi dell'arte di Giovanni Teutonico) e si distinguono per la grande forza spirituale delle loro opere. Ancora propaggini della "Scuola clarense", ma con finezze derivanti dall'Italia centrale, sembrano essere Maffeo (v.) e Giovanni Andrea Olivieri (v.) figli dell'intagliatore Baldassarre Olivieri di Chiari. Troviamo questi due scultori operanti in Trentino dal 1515 al 1540 ca., oltre che a Brescia; nel 1555 Andrea risulta addirittura impegnato a Roma. Intorno al 1515-1520 lavora per le chiese di Gavardo un certo Nicolò Lurani da Fontanella, del quale, per ora, non si conosce alcuna opera. Sulla fine del Quattrocento, e precisamente nel 1490, troviamo impegnato intorno alle porte intagliate della chiesa delle Grazie di. Brescia, Filippo Morari da Soresina (v. Filippo da Soresina), capostipite di un'altra importante famiglia di scultori ed intarsiatori.


Nel Cinquecento si segnala il figlio Giovan Antonio Morari (v.) soprattutto per la realizzazione di stalli di cori e di carrozze. Nella prima metà del Cinquecento troviamo anche molto attivo, soprattutto nell'esecuzione di parti decorative di soase, Giovanni Polini da Caionvico (v.). Notevole importanza per la storia della scultura lignea bresciana ha anche la presenza in Brescia di Giovanni Battista Piantavigna da Bologna (v.) che succede in parte al Lamberti nella ideazione e nella direzione dei lavori di costruzione delle fabbriche pubbliche cittadine. Nell'arte della tarsia si segnala nella prima metà del Cinquecento, soprattutto fuori da Brescia, fra Raffaele Marone (v.), mentre Ludovico de Noxis (o dalla Nozza) (v.) nel 1531-34 è attivo a Ferrara come intarsiatore ed intagliatore. Nel 1539 un non meglio identificato Vincentius Brixiensis firma e data il polittico di Caiolo. La seconda metà del Cinquecento è dominata dall'opera di Clemente Tortelli e dei suoi figli Benvenuto (v.) e Gerolamo (v.) che nel 1568 risultano impegnati a Napoli presso i Monaci dei SS. Severino e Sossio. L'attività di Clemente Tortelli in Italia meridionale è anche suggerita dai documenti ritrovati recentemente dal prof. Camillo Boselli che segnalano come nel 1560 lo scultore sia nominato procuratore in una lite contro alcuni abitanti di Messina. Nel 1565 Giovan Maria Piantavigna (v.) figlio di Battista, scolpisce il Crocifisso per la parrocchiale di Asola, ora a Barchi, mentre nel dicembre del 1560 Giuseppe Scalvini bresciano (v.) si impegna ad eseguire gli stalli del coro di S. Maria del Monte a Cesena e più tardi (1575) pare abbia intagliato le sedie del coro di S. Maria in Porto di Ravenna. Tutte queste commissioni "estere" testimoniano l'importanza degli intagliatori bresciani, ma anche la difficoltà di collocare opere in patria. Nel 1581 un tale Ludovico Redolfo, forse di Zanano, firma la statua di S. Rocco della parrocchiale di Lavone. Nell'arte della tarsia si segnalano dopo la metà del secolo XVI i fratelli Benedetto (v.) e Battista Virchi (v.) che eseguono gli stalli della cappella dell'Immacolata in S. Francesco a Brescia. I primi anni del Seicento vedono fiorire lo scultore Paolo Amatore (v.) che a venti anni, nel 1613, firma il bel Crocifisso della parrocchiale di Maguzzano. Altri importanti artisti della prima metà del XVII secolo sono Giovan Battista Lancini o Lanzini (v.) e Giuseppe Bulgarini (v.). Valentino Bolesini o Bonesini veronese, scultore anche della marmorea fontana della Pallata, intaglia sulla fine del Cinquecento le statue della Deposizione della chiesa del Coro di Lonato, dipinte poi da Pietro Maria Bagnadore. All'inizio del Seicento troviamo attiva in Brescia anche la famiglia Moretti (v.): Tommaso aveva intagliato su disegno del Bagnadore i perduti stalli del coro della Cappella del SS: Sacramento di S. Giovanni di Brescia, mentre Antonio aveva scolpito la cornice lignea per la tela del Cossali nella cappella dell'Immacolata in S. Francesco a Brescia e, sempre per il Cossali, la soasa per la pala di Polpenazze. In genere, in quest'epoca, gli scultori sono impegnati nella esecuzione di cibori, Crocifissi e di Madonne del Rosario, tutti soggetti richiesti dalla devozione post-tridentina. La metà del Seicento vede invece l'affermarsi della grande soasa lignea, fastosa cornice di pale dipinte: tra i principali esecutori ricordiamo Antonio Montanino (v.) e i suoi figli Francesco ed Attilio (v.), Gaspare Bianchi da Lumezzane (v.) e, soprattutto, i Boscai (v.) e cioè i componenti delle famiglie valsabbine dei Bonomi (v.), Zambelli (v.) e Pialorsi (v.). Nel Seicento fiorisce anche la scuola dei Ramus (v.) di Edolo, attiva in alta Valcamonica ed in Trentino. Allievo di Pietro Ramus è il famoso intagliatore bergamasco Andrea di Grazioso Fantoni. Anche i Fantoni, pur se non bresciani, hanno un ruolo importante nella storia della scultura lignea bresciana e lasciano opere un po' dappertutto nella provincia di Brescia, tra la fine del '600 e la fine del '700. Ancora allievi di Pietro Ramus, ed attivi in Valcamonica, sono Giovanni Giuseppe Picini di Nona di Val di Scalve (v.) e Giovan Battista Zotti. Sulla fine del Seicento si segnala anche l'opera di Carlo Dossena (v.) del quale ci sono rimasti la soasa dell'altar maggiore e le cantorie della parrocchiale di Sarezzo. Da Chiari, e soprattutto attivi nel paese d'origine, vengono Giacomo Faustini (16301703) (v.) e Orazio (1625-1713) e Lorenzo (1654-1717) Olmi (v.), tutti discendenti della "Scuola clarense". A Tremosine, nella parrocchiale, Giacomo Luchini da Castello di Condino (v.) nel 1704 scolpisce il coro e le banconate del presbiterio. Nel 1754 è documentata in Brescia l'attività della famiglia Poisa (v.) che continua tuttora. Nel secondo settecento si segnala anche l'opera di Beniamino Simoni (v.) famoso per le statue delle cappelle della Via Crucis di Cerveno, eseguite in compagnia dei Fantoni. A Zone, è documentata anche l'attività dei Donati di Bormio. Il Settecento bresciano, però, oltre che dalle opere dei Fantoni, è segnato e contraddistinto dall'attività di Ricciardo Carboni (v.) e dei suoi figli Giovan Battista (v.), Domenico (v.) e Bernardino (v.). Gli intagliatori bresciani appartenevano al Paratico dei Marengoni che aveva il patronato della Cappella della Concezione in S. Francesco di Brescia e che festeggiava solennemente il giorno di S. Giuseppe (19 marzo) con una grande processione. (collab. di S. Guerrini)