GONZAGA

GONZAGA

Potente famiglia discendente dai Corradi di Gonzaga, dalla quale località presero poi il nome. Salirono in potenza economica tra la fine del sec. XII e gli inizi del sec. XIV concentrando i loro possedimenti attorno a due nuclei principali: il primo costituito dalle investiture concesse dal monastero di S. Benedetto di Polirone, il secondo, formatosi in epoca più tarda, con gli acquisti effettuati nel territorio di Marmirolo. Sia l'uno che l'altro dovevano essere di notevole consistenza, se nel 1220 l'imperatore Federico II doveva ripetere l'ordine impartito sulla fine del secolo XII da Filippo di Svevia perché i Gonzaga restituissero al monastero di S. Benedetto certe terre delle quali erano stati investiti con pregiudizio del monastero stesso. Nel gioco delle fazioni in lotta per la signoria della città i Gonzaga hanno avuto la fortuna di scegliere la carta migliore, appoggiando i Bonaccolsi nell'azione da questi condotta contro i Casaloldi. Con la cacciata di questi ultimi e con la relativa immancabile confisca dei loro beni, i Gonzaga venivano ad occupare, o meglio a rioccupare un posto di primo piano nella vita di Mantova, consolidando nel 16 dicembre 1287 la loro posizione economica con una nuova investitura del feudo di Gonzaga ad essi concessa dai monaci di S. Benedetto. Nei primi del Trecento la famiglia stringeva vincoli di parentela con alcune fra le più influenti casate del Mantovano e delle città vicine, preparando il terreno alla propria signoria e consolidando la propria potenza con alcuni matrimoni vantaggiosi. Nella linea di una tale politica deve essere considerato anche il primo matrimonio di Luigi Gonzaga, colui che nel 1328 diverrà il Signore di Mantova, con Richeldina Ramberti, dalla quale deriveranno alla famiglia proprietà in Brescia e in Ferrara. Richeldina era infatti figlia di Ramberto de' Ramberti, ferrarese, e di Margherita di Lavellolongo, figlia a sua volta di quell'Aimerico di Lavellolongo che all'inizio del 1311 era rientrato in Brescia con gli altri capi di parte guelfa e, ribellatasi la città all'imperatore Enrico VII, era caduto alla difesa della Maddalena. Al suo rientro in Brescia Aimerico di Lavellolongo aveva ripreso possesso dei suoi beni situati nei territori di Botticino Sera e Mattina, di S. Vigilio ed in Brescia stessa. Si trattava di numerosissimi appezzamenti di terreno, che dovevano costituire notevoli proprietà, anche se non è possibile stabilirne l'entità numerica. Il 9 marzo dell'anno seguente, 1312, Richeldina Ramberti nominava il padre suo procuratore per il recupero dei beni a lei spettanti dall'eredità del nonno materno, mentre il 14 dicembre dello stesso anno il padre la nominava erede di tutti i suoi beni mobili ed immobili. Sette anni dopo, e precisamente il 31 agosto 1319, Richeldina nel suo testamento, dettato in punto di morte, lasciava suo erede universale il marito Luigi Gonzaga. I Gonzaga non tralasciarono anche in seguito i tentativi di tener saldi agganci con Brescia. Padre Gregorio di Valcamonica nel 1698 dedicando a G. Francesco Gonzaga i "Curiosi trattenimenti de' Popoli Camuni" rilevava che i Gonzaga verso il secolo XVII avevano tentato lo sfruttamento di alcune miniere camune per inserirsi con abile (anche se non riuscita) manovra diplomatica nell'attivo settore economico della siderurgia bresciana. Si interessarono intensamente alla vita economica bresciana e specialmente alla produzione di armi, per le quali ebbero continui rapporti con armaioli bresciani. I beni dei Gonzaga passarono in varie mani e nel 1724 in gran parte nelle mani di Bortolo Candellini, mercante. I Gonzaga preferirono per lunghi anni il soggiorno sul lago di Garda. La prima fu nel 1490 Isabella d'Este Gonzaga, ma non poté mai avervi possedimenti. Lunghe soste fece tra Toscolano e Maderno il duca Guglielmo, che nel 1494 iniziò ad acquistarvi proprietà fino ad avere nel 1602 cinque case e parecchie pezze di terre, sulle quali poi dal 1607 al 1612 edificarono il "palazzo nuovo" ora Bulgheroni, per opera di Vincenzo Gonzaga. Il complesso degli edifici gonzagheschi era formato da un palazzo vecchio (la prima abitazione sorgente a N del cavalcavia, in contrada di mezzo) dal palazzo vero e proprio (a S di detto cavalcavia) cinto da vastissimi "serragli", ma del quale non esistono che muri diroccati e inclusi in fabbriche più recenti "povero mozzicone di fabbrica" come lo definisce il Lonati; infine l'antico convento dei Serviti sulla collina, ridotto a palazzina. L'odierno giardino, che discende dalla collina sino a giungere a fianco della villa che abbiamo descritto, non è che il resto, che ha subito molte modifiche, degli antichi «giardini» che scendevano sino ad unirsi col grande giardino ricolmo di tutti i fiori e le essenze mediterranee che crescono nel mite clima della Riviera, e che allora giungeva sino alla sponda del lago. I palazzi subirono danni gravi durante la guerra del Monferrato e per gli abbandoni dovuti al sacco di Mantova e alla peste del 1630, ma vennero restaurati dal duca Carlo II per ricadere nell'abbandono con Ferdinando Carlo morto a Padova consunto per gli stravizi. I Gonzaga ebbero frequenti rapporti con Brescia. Nel sec. XV intervennero spesso nelle vicende di Asola e nel 1509 ne divennero proprietari. Intervennero poi in favore degli ebrei perché non venissero cacciati da Brescia. I Gonzaga di Castiglione ebbero casa rurale a Calvisano.