GIULIA, S.: differenze tra le versioni

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'''GIULIA, S.'''
 
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Vergine, santa, martire corsa, le cui "passio" sono molto tardive. Le più antiche (sec. VII), la vogliono cartaginese, venduta come schiava dopo la presa della città da parte dei barbari. La nave sulla quale veniva trasferita si arenò a Capo Corso. Prelevata dalla nave, fu torturata e crocifissa in odio alla sua fede cristiana. Il Martirologio bresciano la ricorda così: «A Brescia nella propria chiesa di S. Giulia vergine e martire, la quale confitta sul patibolo della croce spirò nel Signore. Il suo corpo fu piamente trasportato dal re d'Italia Desiderio, per acconsentire ai voti della moglie Ansa e della figlia Angelberga, dall'isola Gorgona a Brescia, dove egli aveva consacrato quella figlia a Gesù Cristo». La notizia del Martirologio Romano è più breve: «Nella Corsica santa Giulia vergine che fu coronata col supplizio della croce». Secondo la Passio S. Juliae, composta da un monaco delle isole Capraia e Gorgona, nel sec. VIII, S. Giulia sarebbe nata a Cartagine in Africa da cospicua famiglia romana e cristiana, quando Cartagine era considerata la capitale civile e religiosa della provincia africana soggetta all'impero romano. Il 19 ottobre dell'anno 429 anche Cartagine fu presa e orrendamente saccheggiata dai barbari Vandali condotti dal loro re Genserico. Un testimonio contemporaneo, Vittore Vitense, narra nel suo libro "De Persecutione Vandalica", edito dal Padre Ruinart, le Angherie e le persecuzioni compiute dai barbari. A Giulia, ricca e avvenente fanciulla sui vent'anni toccò sorte poco lieta di passare come schiava nella casa di un ricco mercante della Siria di nome Eusebio, che la condusse con sé nei suoi viaggi d'Oriente. La forza cristiana e il candore di Giulia avrebbero soggiogato il padrone pagano che la rispettò. Navigando con le sue merci verso Marsiglia, Eusebio approdò nella Corsica e fermò il suo naviglio a Capo Corso mentre i pagani dell'isola stavano compiendo un sacrificio ai loro idoli sotto la presidenza di un capo fanatico e prepotente di nome Felice. Giulia rimase nella nave mentre Eusebio e i suoi partecipavano al rito superstizioso. Felice l'avrebbe voluta presente, e saputo che era una giovane cristiana, avvenente e casta, la fece prendere dai suoi satelliti per costringerla a intervenire e a partecipare al sacrificio. Giulia ricusò confessando apertamente la sua fede in Gesù Cristo, suo unico Dio crocifisso, fu presa per i capelli, percossa, schiaffeggiata, calpestata e minacciata di castigo mortale se non rinunziava alla sua religione. Dinnanzi alle minacce e ai tormenti rimase inflessibile la giovinetta, e Felice la condannò ad essere crocifissa come il suo Dio. Il corpo della giovane martire fu ignobilmente sepolto a Capo Corso. E certo le vicende del martirio di Giulia, ispirate probabilmente a un racconto di Teodoreto di Ciro, danno luogo a ogni sorta di dubbi. Già intorno alla circostanza della presa di Cartagine, gli storici sono divisi prospettando due diverse soluzioni: gli uni proponendo l'occupazione da parte dei Persiani nell'anno 616, gli altri invece sostenendo - e certo con più validi argomenti - la più celebre conquista da parte dei Vandali nel 439. Infondate risultano pure le circostanze del martirio in Corsica, tenuto conto degli usi particolari di tempo e di luogo. Il Lanzoni propende a credere che anche per Giulia, come per altri martiri delle prime persecuzioni, sia sorto uno scambio, nella tradizione popolare, tra la persona e le reliquie. In questo caso la santa, probabilmente africana, avrebbe subito il martirio a Cartagine, durante le maggiori persecuzioni, e soltanto le sue reliquie sarebbero giunte in Corsica, dopo il 439, ad opera di profughi della persecuzione vandalica. Si tratterebbe allora della stessa Giulia le cui reliquie già si veneravano a Cartagine, assieme a quelle di S. Florenzio. A meno che si voglia ancora pensare a un'antica martire della Corsica, uccisa nell'era delle persecuzioni, e poi trasformata dalla tradizione popolare in una martire del V secolo. Comunque, le reliquie di Giulia, già trasferite dalla Corsica nell'isola Gorgona, passarono a Brescia nel 763, e vi trovarono la loro prima sistemazione nella chiesa di S. Salvatore, fatta erigere presso l'omonimo monastero di Benedettine, dal re Desiderio e dalla regina Ansa, e consacrata da Paolo I in quel medesimo anno. Un'altra ipotesi di Giulio Bettini è che il culto della martire S. Giulia a Livorno si debba «all'influsso religioso dei mercanti siri, largamente esteso in quelle zone mediterranee che subivano la loro supremazia commerciale nel secolo V». Dal Porto Pisano (l'attuale Livorno, dove S. Giulia è patrona della diocesi) il culto si sarebbe diffuso nei monasteri delle isole Capraia e Gorgona, dove la leggenda del martirio subisce rimaneggiamenti, e quindi a Brescia nel sec. VIII per il trasporto delle reliquie nel monastero femminile di S. Salvatore, chiamato poi di S. Giulia. È più ovvio supporre che il culto si sia diffuso da Brescia tanto in Corsica come in Toscana per influsso del nostro monastero sulle sue proprietà fondiarie di quelle regioni. Quando poi, sul finire del 1500, accanto alla chiesa di S. Salvatore venne costruita quella di S. Giulia (ora sede del Museo dell'Età Cristiana), le reliquie della santa furono sistemate sotto l'altar maggiore del nuovo tempio (17 dicembre 1600). Avvenuta, con la Rivoluzione del 1797, la soppressione del monastero di S. Giulia (titolo subentrato a quello di S. Salvatore verso il XII sec.), le reliquie della santa furono accolte nella vicina chiesa di S. Pietro in Oliveto, e più tardi - ma dopo altre peregrinazioni - nella chiesa ancor più vicina del Corpo di Cristo, ormai annessa al seminario diocesano. Di qui le reliquie passarono nel 1957 nel nuovo seminario di Brescia, intitolato a Maria Immacolata.Dal maggio 1969 sono nella chiesa di S.Giulia, al villaggio Prealpino.
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Vergine, santa, martire corsa, le cui "passio" sono molto tardive. Le più antiche (sec. VII), la vogliono cartaginese, venduta come schiava dopo la presa della città da parte dei barbari. La nave sulla quale veniva trasferita si arenò a Capo Corso. Prelevata dalla nave, fu torturata e crocifissa in odio alla sua fede cristiana. Il Martirologio bresciano la ricorda così: «A Brescia nella propria chiesa di S. Giulia vergine e martire, la quale confitta sul patibolo della croce spirò nel Signore. Il suo corpo fu piamente trasportato dal re d'Italia Desiderio, per acconsentire ai voti della moglie Ansa e della figlia Angelberga, dall'isola Gorgona a Brescia, dove egli aveva consacrato quella figlia a Gesù Cristo». La notizia del Martirologio Romano è più breve: «Nella Corsica santa Giulia vergine che fu coronata col supplizio della croce». Secondo la Passio S. Juliae, composta da un monaco delle isole Capraia e Gorgona, nel sec. VIII, S. Giulia sarebbe nata a Cartagine in Africa da cospicua famiglia romana e cristiana, quando Cartagine era considerata la capitale civile e religiosa della provincia africana soggetta all'impero romano. Il 19 ottobre dell'anno 429 anche Cartagine fu presa e orrendamente saccheggiata dai barbari Vandali condotti dal loro re Genserico. Un testimonio contemporaneo, Vittore Vitense, narra nel suo libro "De Persecutione Vandalica", edito dal Padre Ruinart, le Angherie e le persecuzioni compiute dai barbari. A Giulia, ricca e avvenente fanciulla sui vent'anni toccò sorte poco lieta di passare come schiava nella casa di un ricco mercante della Siria di nome Eusebio, che la condusse con sé nei suoi viaggi d'Oriente. La forza cristiana e il candore di Giulia avrebbero soggiogato il padrone pagano che la rispettò. Navigando con le sue merci verso Marsiglia, Eusebio approdò nella Corsica e fermò il suo naviglio a Capo Corso mentre i pagani dell'isola stavano compiendo un sacrificio ai loro idoli sotto la presidenza di un capo fanatico e prepotente di nome Felice. Giulia rimase nella nave mentre Eusebio e i suoi partecipavano al rito superstizioso. Felice l'avrebbe voluta presente, e saputo che era una giovane cristiana, avvenente e casta, la fece prendere dai suoi satelliti per costringerla a intervenire e a partecipare al sacrificio. Giulia ricusò confessando apertamente la sua fede in Gesù Cristo, suo unico Dio crocifisso, fu presa per i capelli, percossa, schiaffeggiata, calpestata e minacciata di castigo mortale se non rinunziava alla sua religione. Dinnanzi alle minacce e ai tormenti rimase inflessibile la giovinetta, e Felice la condannò ad essere crocifissa come il suo Dio. Il corpo della giovane martire fu ignobilmente sepolto a Capo Corso. E certo le vicende del martirio di Giulia, ispirate probabilmente a un racconto di Teodoreto di Ciro, danno luogo a ogni sorta di dubbi. Già intorno alla circostanza della presa di Cartagine, gli storici sono divisi prospettando due diverse soluzioni: gli uni proponendo l'occupazione da parte dei Persiani nell'anno 616, gli altri invece sostenendo - e certo con più validi argomenti - la più celebre conquista da parte dei Vandali nel 439. Infondate risultano pure le circostanze del martirio in Corsica, tenuto conto degli usi particolari di tempo e di luogo. Il Lanzoni propende a credere che anche per Giulia, come per altri martiri delle prime persecuzioni, sia sorto uno scambio, nella tradizione popolare, tra la persona e le reliquie. In questo caso la santa, probabilmente africana, avrebbe subito il martirio a Cartagine, durante le maggiori persecuzioni, e soltanto le sue reliquie sarebbero giunte in Corsica, dopo il 439, ad opera di profughi della persecuzione vandalica. Si tratterebbe allora della stessa Giulia le cui reliquie già si veneravano a Cartagine, assieme a quelle di S. Florenzio. A meno che si voglia ancora pensare a un'antica martire della Corsica, uccisa nell'era delle persecuzioni, e poi trasformata dalla tradizione popolare in una martire del V secolo. Comunque, le reliquie di Giulia, già trasferite dalla Corsica nell'isola Gorgona, passarono a Brescia nel 763, e vi trovarono la loro prima sistemazione nella chiesa di S. Salvatore, fatta erigere presso l'omonimo monastero di Benedettine, dal re Desiderio e dalla regina Ansa, e consacrata da Paolo I in quel medesimo anno. Un'altra ipotesi di Giulio Bettini è che il culto della martire S. Giulia a Livorno si debba «all'influsso religioso dei mercanti siri, largamente esteso in quelle zone mediterranee che subivano la loro supremazia commerciale nel secolo V». Dal Porto Pisano (l'attuale Livorno, dove S. Giulia è patrona della diocesi) il culto si sarebbe diffuso nei monasteri delle isole Capraia e Gorgona, dove la leggenda del martirio subisce rimaneggiamenti, e quindi a Brescia nel sec. VIII per il trasporto delle reliquie nel monastero femminile di S. Salvatore, chiamato poi di S. Giulia. È più ovvio supporre che il culto si sia diffuso da Brescia tanto in Corsica come in Toscana per influsso del nostro monastero sulle sue proprietà fondiarie di quelle regioni. Quando poi, sul finire del 1500, accanto alla chiesa di S. Salvatore venne costruita quella di S. Giulia (ora sede del Museo dell'Età Cristiana), le reliquie della santa furono sistemate sotto l'altar maggiore del nuovo tempio (17 dicembre 1600). Avvenuta, con la Rivoluzione del 1797, la soppressione del monastero di S. Giulia (titolo subentrato a quello di S. Salvatore verso il XII sec.), le reliquie della santa furono accolte nella vicina chiesa di S. Pietro in Oliveto, e più tardi - ma dopo altre peregrinazioni - nella chiesa ancor più vicina del Corpo di Cristo, ormai annessa al seminario diocesano. Di qui le reliquie passarono nel 1957 nel nuovo seminario di Brescia, intitolato a Maria Immacolata. Dal maggio 1969 sono nella chiesa di S.Giulia, al villaggio Prealpino.
  
  

Versione attuale delle 04:25, 27 ago 2019

GIULIA, S.

Vergine, santa, martire corsa, le cui "passio" sono molto tardive. Le più antiche (sec. VII), la vogliono cartaginese, venduta come schiava dopo la presa della città da parte dei barbari. La nave sulla quale veniva trasferita si arenò a Capo Corso. Prelevata dalla nave, fu torturata e crocifissa in odio alla sua fede cristiana. Il Martirologio bresciano la ricorda così: «A Brescia nella propria chiesa di S. Giulia vergine e martire, la quale confitta sul patibolo della croce spirò nel Signore. Il suo corpo fu piamente trasportato dal re d'Italia Desiderio, per acconsentire ai voti della moglie Ansa e della figlia Angelberga, dall'isola Gorgona a Brescia, dove egli aveva consacrato quella figlia a Gesù Cristo». La notizia del Martirologio Romano è più breve: «Nella Corsica santa Giulia vergine che fu coronata col supplizio della croce». Secondo la Passio S. Juliae, composta da un monaco delle isole Capraia e Gorgona, nel sec. VIII, S. Giulia sarebbe nata a Cartagine in Africa da cospicua famiglia romana e cristiana, quando Cartagine era considerata la capitale civile e religiosa della provincia africana soggetta all'impero romano. Il 19 ottobre dell'anno 429 anche Cartagine fu presa e orrendamente saccheggiata dai barbari Vandali condotti dal loro re Genserico. Un testimonio contemporaneo, Vittore Vitense, narra nel suo libro "De Persecutione Vandalica", edito dal Padre Ruinart, le Angherie e le persecuzioni compiute dai barbari. A Giulia, ricca e avvenente fanciulla sui vent'anni toccò sorte poco lieta di passare come schiava nella casa di un ricco mercante della Siria di nome Eusebio, che la condusse con sé nei suoi viaggi d'Oriente. La forza cristiana e il candore di Giulia avrebbero soggiogato il padrone pagano che la rispettò. Navigando con le sue merci verso Marsiglia, Eusebio approdò nella Corsica e fermò il suo naviglio a Capo Corso mentre i pagani dell'isola stavano compiendo un sacrificio ai loro idoli sotto la presidenza di un capo fanatico e prepotente di nome Felice. Giulia rimase nella nave mentre Eusebio e i suoi partecipavano al rito superstizioso. Felice l'avrebbe voluta presente, e saputo che era una giovane cristiana, avvenente e casta, la fece prendere dai suoi satelliti per costringerla a intervenire e a partecipare al sacrificio. Giulia ricusò confessando apertamente la sua fede in Gesù Cristo, suo unico Dio crocifisso, fu presa per i capelli, percossa, schiaffeggiata, calpestata e minacciata di castigo mortale se non rinunziava alla sua religione. Dinnanzi alle minacce e ai tormenti rimase inflessibile la giovinetta, e Felice la condannò ad essere crocifissa come il suo Dio. Il corpo della giovane martire fu ignobilmente sepolto a Capo Corso. E certo le vicende del martirio di Giulia, ispirate probabilmente a un racconto di Teodoreto di Ciro, danno luogo a ogni sorta di dubbi. Già intorno alla circostanza della presa di Cartagine, gli storici sono divisi prospettando due diverse soluzioni: gli uni proponendo l'occupazione da parte dei Persiani nell'anno 616, gli altri invece sostenendo - e certo con più validi argomenti - la più celebre conquista da parte dei Vandali nel 439. Infondate risultano pure le circostanze del martirio in Corsica, tenuto conto degli usi particolari di tempo e di luogo. Il Lanzoni propende a credere che anche per Giulia, come per altri martiri delle prime persecuzioni, sia sorto uno scambio, nella tradizione popolare, tra la persona e le reliquie. In questo caso la santa, probabilmente africana, avrebbe subito il martirio a Cartagine, durante le maggiori persecuzioni, e soltanto le sue reliquie sarebbero giunte in Corsica, dopo il 439, ad opera di profughi della persecuzione vandalica. Si tratterebbe allora della stessa Giulia le cui reliquie già si veneravano a Cartagine, assieme a quelle di S. Florenzio. A meno che si voglia ancora pensare a un'antica martire della Corsica, uccisa nell'era delle persecuzioni, e poi trasformata dalla tradizione popolare in una martire del V secolo. Comunque, le reliquie di Giulia, già trasferite dalla Corsica nell'isola Gorgona, passarono a Brescia nel 763, e vi trovarono la loro prima sistemazione nella chiesa di S. Salvatore, fatta erigere presso l'omonimo monastero di Benedettine, dal re Desiderio e dalla regina Ansa, e consacrata da Paolo I in quel medesimo anno. Un'altra ipotesi di Giulio Bettini è che il culto della martire S. Giulia a Livorno si debba «all'influsso religioso dei mercanti siri, largamente esteso in quelle zone mediterranee che subivano la loro supremazia commerciale nel secolo V». Dal Porto Pisano (l'attuale Livorno, dove S. Giulia è patrona della diocesi) il culto si sarebbe diffuso nei monasteri delle isole Capraia e Gorgona, dove la leggenda del martirio subisce rimaneggiamenti, e quindi a Brescia nel sec. VIII per il trasporto delle reliquie nel monastero femminile di S. Salvatore, chiamato poi di S. Giulia. È più ovvio supporre che il culto si sia diffuso da Brescia tanto in Corsica come in Toscana per influsso del nostro monastero sulle sue proprietà fondiarie di quelle regioni. Quando poi, sul finire del 1500, accanto alla chiesa di S. Salvatore venne costruita quella di S. Giulia (ora sede del Museo dell'Età Cristiana), le reliquie della santa furono sistemate sotto l'altar maggiore del nuovo tempio (17 dicembre 1600). Avvenuta, con la Rivoluzione del 1797, la soppressione del monastero di S. Giulia (titolo subentrato a quello di S. Salvatore verso il XII sec.), le reliquie della santa furono accolte nella vicina chiesa di S. Pietro in Oliveto, e più tardi - ma dopo altre peregrinazioni - nella chiesa ancor più vicina del Corpo di Cristo, ormai annessa al seminario diocesano. Di qui le reliquie passarono nel 1957 nel nuovo seminario di Brescia, intitolato a Maria Immacolata. Dal maggio 1969 sono nella chiesa di S.Giulia, al villaggio Prealpino.


La diffusione del culto è legata soprattutto all'importanza grandissima, goduta per vari secoli, dal suddetto monastero bresciano, continuamente arricchito di privilegi e anche di possessi in ogni parte d'Italia. Centri particolari di tale culto, oltre all'area bresciana, devono essere considerate la Corsica e la città di Livorno, che riconoscono nella santa la loro patrona. La festa venne fissata al 22 maggio. Il culto di S. Giulia è molto esteso in tutta Italia. Livorno la onora come patrona della città e diocesi; Torino ha una chiesa parrocchiale ad essa dedicata, numerose chiese della Liguria, della Toscana, dell'Emilia e della Lombardia sono ad essa dedicate, riflessi permanenti della storia millenaria del nostro monastero, regale e imperiale, che portò nei suoi possedimenti rurali il culto di Santa Giulia come sigillo della sua influenza e autorità. Anche fra noi il culto di S. Giulia è un ricordo del suo monastero e di alcune proprietà di esso, come S. Giulia di Roncadelle, di Paitone, di Piancamuno, di Pontagna, di Costorio, di Concesio, di Terzano e del Villaggio Prealpino (1960), come a Bonate sul bergamasco, a Cicognara e Alfiano sul cremonese, a Migliarina sul modenese, antiche corti rurali fra le molte che il monastero possedeva in tutta l'alta e media Italia per donazioni di imperatori e di re, di principi e di pii benefattori, ricordati dalle suore Benedettine nelle loro preghiere e nei libri della loro liturgia.