FOSCOLO Ugo

FOSCOLO Ugo

(Zante, 1778 - Turnham Green, presso Londra, 1827). Poeta. Durante gli anni trascorsi a Venezia, a 17 anni, entrò in relazione con Gaetano Fornasini, Luigi Scevola e Giovanni Labus. Probabilmente lo Scevola lo fece conoscere ad altri. Le più antiche lettere del 1794-1797 sono dal Foscolo dirette al Fornasini, al quale confidò progetti letterari ed ansie e spedì, in tutte o in parte, anche le sue poesie manoscritte, sottoponendole al suo giudizio e a quello dello Scevola. Allo Scevola, per la sua prima Messa, dedicava uno sciolto, un sonetto e un'ode, stampata questa in Brescia dal Fornasini col titolo "L'olocausto", ma oggi irreperibile. Nel frattempo mostrava di interessarsi della produzione letteraria bresciana, chiedendo di leggere gli "Epigrammi" del conte Carlo Roncalli, giudicato "felice traduttore degli epigrammi francesi". Partecipò anche con simpatia viva alle notizie della rivoluzione giacobina di Brescia.


Il poeta conobbe Brescia dapprima durante i viaggi a Mantova, Verona e Venezia. Vi si fermò sicuramente alcuni giorni nel giugno 1803 e sul principio dell'aprile 1806. In questa occasione dovette forse visitare la tipografia Bettoni. Nel luglio dello stesso anno ebbe un incidente di viaggio a Desenzano dove trascorse una notte di burrasca, cosi come la racconta all'amico e poeta veronese Ippolito Pindemonte, in una lettera da Milano, datata 26 luglio 1806: era in viaggio da Verona, verso il capoluogo lombardo, quando, scrive il Foscolo al Pindemonte, "mi si scavezzò una stanga della carrozza a Desenzano... e mi fu forza di sostare alle sponde del lago sino alle otto del di seguente... E per continuare la mia odissea, io non ho mai veduto mare più irato del lago di Garda; tutta notte mi parea ch'ei volesse innondarmi la stanza". Ma il Foscolo conosceva bene l'abituale clima mediterraneo che per lui, ionico di nascita, era sinonimo di serenità ellenica. In una lettera a Ferdinando Arrivabene, di qualche mese più tardi, parlando del comune amico Giacomo Pederzoli di Gargnano, si augura di trascorrere l'inverno "sulle rive del suo Benaco, ove perpetua odora primavera".


Sulla fine dell'anno fu di nuovo a Brescia per consegnare al tipografo Bettoni il manoscritto dei "Sepolcri". Vi rimase, alternando con viaggi ed assenze (come quella di un mese a Milano), per alcuni mesi fino al 27 settembre 1807. Oltre alla cura della stampa dei "Sepolcri" lo trattenne il legame sempre più intimo con la bellissima contessa Marzia Provaglio Martinengo Cesaresco, cui si aggiunsero molte e sempre più strette amicizie, che durò fino a circa metà del 1808. Fra le amicizie bresciane sono da ricordare Fernando Arrivabene, Antonio Bianchi, i fratelli Ugoni, Luigi Scevola, Giovita Scalvini, allora giovanissimo, Gerolamo Federico Borgno, Jacopo Pederzòli, Niccolò Bettoni, Gerolamo Monti, Pier Damiano Armandi, Giuseppe Nicolini, Antonio Buccelleni, Cesare Arici, Giovanni Labus, Ettore Martinengo, Giacinto Mompiani, Francesco Filos e diversi altri uomini di lettere, politici, soldati, bresciani quasi tutti, salvo qualcuno da tempo residente in città. Il suo epistolario è pieno di nomi bresciani: Giovita Scalvini, Filippo e Camillo Ugoni, Gerolamo Federico Borgno, Cesare Arici. Con essi egli intrattenne una conversazione che durò ben oltre il periodo della sua permanenza ed ebbe riflessi che escono dai confini della letteratura "cittadina" per investire il corso della storia della cultura italiana ed europea nel cui alveo Brescia si era felicemente inserita in quegli anni.


A Brescia il Foscolo vide comparire, per i tipi di Nicolò Bettoni l'11 aprile 1807, i "Sepolcri" e dopo una ventina di giorni l'"Esperimento di traduzione della Iliade" (Brescia, N. Bettoni, 1807). A Brescia il Foscolo soggiornò anche dopo la pubblicazione dei "Sepolcri", per circa quattro mesi consecutivi, dal 2 giugno al 27 settembre, mesi durante i quali fu impegnato alla nuova edizione delle opere di Raimondo Montecuccoli e nei quali, con la sua personalità e il suo fascino, entrò nel vivo del tessuto culturale e sociale della città. A Brescia nel 1807 incontrò Pier Damiano Armandi, che, capo battaglione dell'esercito napoleonico e di guarnigione a Brescia, era entrato in dimestichezza con i Calini, i Martinengo, i Tosi, ecc. Con lui il Foscolo ebbe rapporti epistolari e l'Armandi fece da tramite tra il poeta e Marzia Martinengo. Fu ospite in una casa quasi di fronte al Teatro, pranzando al Gambero e in seguito poi, in un mezzanino di palazzo Martinengo Barco, e anche in casa Suardi, isolandosi spesso sul ronco Pivetti sotto il "Rosso", dove venne posta una lapide poi scomparsa. La tradizione vuole che abbia visto anche la provincia, e anche Collio. Per i bresciani ebbe buona stima come ebbe lodi per Brescia.


I bresciani lo stimarono anche come poeta e letterato. L'ab. Bianchi scrisse un opuscolo in difesa dei "Sepolcri" dal titolo: "Uno dei più contro l'uno, ossia Risposta dell'abate Antonio Bianchi alle critiche del signor Guillon fatte al carme del signor Ugo Foscolo. 'Io parlo per ver dire, non per odio d'altrui né disprezzo'. Petrarca, canz. XVIII" (Brescia, Spinelli e Valotti, tipografi, 1808). Il titolo del libretto riprende invertendolo quello del Guillon in replica alla lettera del Foscolo: 'Uno, contro più, ovvero risposta del Signor Guillon, ecc.', (Milano, Silvestri 1807, in 8° piccolo, p. 67)". Gerolamo Federico Borgno, tradusse i "Sepolcri" in esametri latini che lesse all'Ateneo il 29 luglio 1812 ricevendone il premio assegnato "al più abile traduttore del poemetto foscoliano" e che al Foscolo volle dedicare una "grande ode" forse mai finita. La traduzione venne invece pubblicata dal Borgno nel 1813 col titolo "De Sepulcris ad Hippolytum Pindemonte".


Al conte Luigi Lechi, lesse, come buon intenditore di armonie, la propulsione al corso di Eloquenza "Dell'origine e dell'ufficio della letteratura" pronunciata all'Università di Pavia il 22 gennaio 1809. Con Nicolò Bettoni ebbe invece contrasti vivi, a causa del costo di un opuscolo del Foscolo in risposta a quello del francese Guillon. I contrasti durarono a lungo e spinsero il Bettoni a pubblicare nel 1810, nella sua tipografia bresciana, un opuscolo dal titolo: "Alcune verità ad Ugo Foscolo".


Di Brescia lo avevano particolarmente colpito i dintorni collinari, tanto che il 1° maggio 1807 raccomandava agli amici bresciani, per il suo imminente ritorno a Brescia, di trovargli una casa con "la vista dei colli". Il 15, all'amico Pier Damiano Armandi: "Brescia mi sta sempre nel cuore". Il 27 dello stesso mese, ormai in procinto di partire per Brescia, prega il letterato mantovano Saverio Bettenelli di indirizzargli lettere a Brescia, "ove sarò", precisa, "a' primi di giugno a passare l'estate fra gente più ospitale e men crassa". Nell'autunno, lasciata Brescia da poco tempo, dopo avervi dimorato ininterrottamente quattro mesi, ricorda, all'abate Bottelli di Arona, "le colline bresciane". Verso la fine di quell'anno bresciano, il 1807, in data 9 dicembre, il Foscolo ringrazia commosso l'abate Antonio Bianchi per aver difeso con tanta sapienza e tanto amore "I Sepolcri" dalle aspre critiche rivolte al carme dal francese Amato Guillon. Non sarà mai, scrive il Foscolo al Bianchi, "ch'io non mi vi professi amico e obbligato, e per la nostra consuetudine a Brescia, e per la difesa che voi avete pigliata di me, e perch'io stimo l'ingegno vostro".


Il 23 gennaio del 1808, a Ferdinando Arrivabene, il Foscolo esprime tutto il suo vivo desiderio di ritornare a Brescia: "Alla fine di Carnovale ti vedrò a Brescia; vorrei venirci, ma! Dio sa, e più che Dio, lo sa l'anima mia quanto bisogno io abbia di Brescia". A Marzia Martinengo scriveva il 17 febbraio: "Faccia il cielo che quando io verrò a trovarti, la buona stagione continui; io vedrò splendere la divina luce del giorno in quel vostro clima limpido, e la primavera vezzeggiare le colline di porta Torlonga". In marzo in una progettata venuta a Brescia, si riproponeva di "pigliare in affitto un ronco presso porta Torlonga". Il 3 maggio dello stesso anno, in una lettera all'amico Camillo Ugoni, cosi rievocava il suo soggiorno bresciano dell'anno precedente: "Io sospiro il momento di abbracciarvi e di passeggiare con voi intorno alle mura di Brescia tutte belle per quelle molli colline, e per quell'aere fino e sereno". Nel giugno del 1809, ancora a Camillo Ugoni, scrive: "Tutti i giorni si va rinnovando la speranza del mio ritorno a Brescia". A Brescia ritornò, tra l'altro, nel 1812. Il 23 gennaio infatti l'Ugoni lo ebbe improvviso ospite, quando esiliato da Milano, si recava a Venezia, per raggiungere Firenze.


Nel 1814, il Foscolo faceva sapere a Camillo Ugoni che sempre vive con "un desiderio forte e secreto di rivedere gli amici... e di parlare con essi, e di trovare consolazione nelle loro parole". Nella stessa lettera, presentava all'Ugoni un conoscente inglese e pregava l'amico bresciano che gli fosse "geografo pel viaggetto ch'ei bramerebbe di fare al lago di Garda per visitare Sirmione, amabilissima fra le penisole". Anche nell'esilio londinese il Foscolo ebbe consuetudine di amicizie con bresciani quali lo Scalvini, Filippo Ugoni e il mantovano-bresciano Arrivabene e poco più tardi anche Camillo Ugoni. Dall'ottobre 1823 al gennaio 1824 lo Scalvini e Filippo Ugoni abitarono insieme nella villetta del Foscolo, Green Cottage. Nel 1823 Camillo Ugoni traduceva in italiano: "Saggi sul Petrarca" ristampati dal Foscolo in inglese.