CIMMO
CIMMO (in dial. Shim, in lat. Cimmi)
Paese tra Brozzo e Pezzoro sul versante destro della Valle Trompia a m. 775 s.m. Abitanti: 200 circa nel 1580, 500 circa nel 1658, 280 nel 1974. Il nome è Cimmo nel sec. XII, Cimo nei sec. XVI e XVII, Zimo nel sec. XVIII. Il nome deriva da shima - cima, parte più alta. Sebbene la più antica data sia quella che si trova sulla architrave di una casa di Missone, che suona "Salero Saleri FF. 1677", Cimmo è ritenuto uno dei più antichi paesi della Valtrompia. C'è stato chi ha ritenuto che sia stato fondato da emigrati della Grecia. Con le primitive abitazioni si è persa anche la presenza dei più antichi abitanti fra cui i Benaglia, che ricchi e istruiti, ricoprirono cariche importanti anche nella cancelleria della Valtrompia e nella curia vescovile. Mentre altri si comportarono da banditi e vennero come tali giustiziati (14 novembre 1705). Emigrarono invece in città i nobili Fenaroli. Vi possedette beni, con la cappella di S.Faustino di Villa Marmentino, il monastero di S.Faustino che vi introdusse probabilmente il culto di S.Calogero. Con bolla del 13 agosto 1132 Innocenzo II riconfermava al monastero di S.Faustino le proprietà di Cimmo.
Non è facile precisare l'epoca in cui si costituì il comune autonomo. La sua antichità è indicata anche dagli statuti compilati nel 1372, pervenutici in un codice originale del sec. XIV, con quelli di Tavernole. Ne fu autore Nicolino de Cacii, arciprete di Inzino, mentre il testo fu trascritto dal notaio Bressanino Bicocchi notaio di Tavernole. Furono pubblicati da B.Nogara, R.Cessi e G.Bonelli nel "Corpus Statutorum Italicorum" (Milano, Hoepli, 1927 p. 111-180). Il comune era in solide, anzi floride, condizioni finanziarie. Esso ebbe contrasti con quello di Pezzoro nel territorio del quale confluiva l'acqua della Valperta (da vallis aperta" cioè valle aperta) dove veniva raccolta in un canale. Per questo nel 1607 il comune di Cimmo entrò in lite con quello di Pezzoro, scavando un nuovo canale che convogliava l'acqua sul suo territorio. La lite durò ben centonove anni e finì con la vittoria di Cimmo dopo violenze anche sanguinose che lasciarono reciproco malanimo.
In epoca antica venne eretta a S.Calogero una chiesa già nominata in documenti del 25 gennaio 1302, quando Michele prete di essa veniva nominato arciprete della pieve di Bovegno. Probabilmente verso la metà del sec. XV si staccò dalla pieve di Bovegno, costituendosi in parrocchia autonoma. Il sacerdote che l'amministrava venne chiamato rettore nel 1474 mentre i registri incominciarono solo col 4 agosto 1561. La chiesa aveva tre altari e all'epoca della visita di S.Carlo (1580) era già consacrata. Ma aumentando la popolazione ed essendo diventata indecorosa (alla fine del seicento saliva a 500 abitanti), nel 1671 il comasco maestro Carlo Cetti costruiva la sagrestia e nel 1678 un nuovo coro, collaudato dal bresciano Domenico Spanzi. Il coro venne ornato di stucchi barocchi mentre al centro un discreto pennello affrescò un medaglione raffigurante S.Apollonio che comunica i S.S.Faustino e Giovita con ai quattro lati i simboli eucaristici. Nel 1737 la Vicinia deliberò, su progetto dell'arc. Antonio Spanzi, l'allungamento di due nuove cappelle e la decorazione del resto del tempio che venne affidata ai capomastri Giacomo Rusca e Pietro Tarone (o Zarone). Nel secolo seguente vennero costruiti altri due altari in marmo con belle pale e decorati nel 1571 da Pietro Scalvini. Verso la metà del '700 venne costruito il campanile sul quale nel 1843 venne posto un maestoso concerto di campane. La chiesa venne poi decorata nuovamente da Giuseppe e Angelo Trainini nel 1901. La chiesa presenta sull'altare maggiore una bella pala del 1620. L'ancona già molto bella nel 1534 venne sostituita con altra nel 1616 affidandone l'esecuzione agli intagliatori Carlo e Giov. Battista Ginaghi e venne indorata da Antonio Franzini, una operazione ripetuta poco dopo. Sull'altare della Madonna del Rosario una bella ancona in legno, intagliata. Sono di Pietro Scalvini le tele raffiguranti la S.S.Trinità e l'Angelo Custode (1751) e S.Andrea Avellino. Nel 1774 la Vicinia commissionava a certo A.B. la bella e sontuosa soasa dell'altare maggiore che ripete, pur con certe pesantezze, sia nei fianchi con nicchie e statue sia nella cimasa, le strutture delle pale lignee. La pala secentesca raffigurante la Madonna con Bambino, S.Calogero ecc, è di buon autore secentesco. L'altare del Rosario, molto antico, venne ornato di una splendida ancona in legno che racchiude una tela rappresentante la Vergine del Rosario e i S.S.Domenico e Pietro martire, di ignoto ma ottimo autore secentesco. L'altare di S.Giovanni un tempo in legno fu sostituito con altro in marmo, per voto della famiglia Saleri che provvide anche ad una nuova cornice come testimonia lo stemma dei Saleri. In seguito nel 1751 venne eretto a cura di don G.B.Saleri, l'altare dell'Angelo Custode sul quale venne posta una pala di Pietro Scalvini, raffigurante la S.S.Trinità e l'Angelo Custode, firmata "Petrus Scalvini pinxit 1751". L'altro altare dedicato a S.Gaetano fu pure adornato di una pala di Pietro Scalvini rappresentante la Madonna con i S.S.Gaetano e Andrea Avellini, dipinta l'anno 1769. Come il coro anche il resto della chiesa fu ornato di stucchi, capitelli, lesene, cornicioni barocchi e di quattro nicchie con statue raffiguranti i santi Faustino, Giovita, Giovanni Nepomuceno e Giovanni Battista. Decorata e affrescata nei medaglioni sulla fine del sec. XVIII o all'inizio del sec. XIX venne restaurata nel 1901 dai fratelli Giuseppe e Angelo Trainini. Anche la facciata venne dipinta con figure di santi mentre nel centro sulla porta maggiore è stato raffigurato il martirio di S.Calogero e in quattro nicchie i santi Calogero e Filastrio (sotto), i santi Faustino e Giovita (sopra). La bella torre, in pietra viva nella base e negli angoli, fu eretta verso la metà del '700, mentre nel 1843 venne arricchita da un buon concerto di campane opera del fonditore bresciano Innocenzo Maggi. Dopo la seconda guerra mondiale, per iniziativa di don Giacomo Zerneri venne costruita, su progetto del geom. Taoldini di Gardone V.T., la cappella del Cimitero che venne poi affrescata nel 1947 da Vittorio Trainini con una Risurrezione, un Crocifisso, figure d'angeli, ecc.
Fra le persone benemerite e note di Cimmo sono da annoverare don Bernardino de Cacii, arciprete di Inzino che compilò gli statuti del 1372, Antonio da Cimmo, abate del monastero dei SS.Faustino e Giovita in Brescia, don Angelo Saleri santo parroco di Brozzo. Originario di Cimmo fu l'avv. Giuseppe Saleri. Fra le famiglie più antiche sono scomparsi i Benaglia, e i nobili Fenaroli. Esistono ancora i Cioli, Cotali, Ganzola, Garneri, Pelizzari, e, soprattutto, i Saleri. Una Società degli antichi originari venne salvaguardata da diverse determinazioni di autorità come quella del 20 febbraio 1766 e del 13 dicembre 1780 dal governo austriaco, del 24 dicembre 1831, fino all'arbitrato del 16 novembre 1895. Grazie all'apostolato del parroco don Arcangelo Saleri oltre che ad un intenso risveglio religioso, si registrò anche un intenso movimento cattolico incentrato sul Comitato parrocchiale (1883), su un caseificio sociale, su una latteria sociale cooperativa, una cassa rurale. Prima di essere conglobato nel 1925 con quello di Tavernole, il comune dì Cimmo, che copriva una superficie di Kmq. 13.72, era fra i pochi comuni attivi economicamente. Grazie a ciò e ad una oculata amministrazione nei primi anni del secolo furono costruite le scuole comunali, cascine e malghe, migliorati i pascoli, e contribuito alla costruzione della strada provinciale, al prolungamento nell'estate 1909 della tranvia da Gardone a Tavernole e perfino alla costruzione della nuova chiesa di Tavernole, non senza intentare cause per proprietà esistenti a Cimmo. Dal sec. XV diverse famiglie venete si stabilirono anche a Cimmo come a Tavernole, Pezzoro e Marmentino. Fra queste vi fu quella dei Pelizzari.
L'allevamento del bestiame e altre attività agricole coprirono solo in parte l'attività economica di Cimmo. Gli abitanti di Cimmo superiore, infatti, si dedicarono alla produzione di chiodi e di utensili da cucina. Tale industria andò poi declinando e rimase prevalente l'industria del latte. L'allevamento del bestiame bovino e la caccia e la vendita di legna da fuoco sono state le attività più seguite prima che l'emigrazione portasse lontano i suoi abitanti. Agli inizi del secolo Benedetto Saleri dava vita ad una piccola centrale che forniva energia elettrica anche a Tavernole. La strada (4 km.) costruita grazie al piano Tupini nel 1955-1956, ha aperto a Cimmo le vie del turismo.
Parroci: Giuseppe De Bernardelli (8 agosto 1600), Cristoforo del Muttis (5 settembre 1631), Francesco Maccagnola (6 agosto 1669), Bartolomeo Pellizzari (23 marzo 1720), G.B. Sedaboni (6 marzo 1755), Francesco Zubani (7 agosto 1765), Antonio Podavini (19 novembre 1790), Francesco Zubani (29 febbraio 1808), G.B. Viotti (6 luglio 1843), Luigi Lodettini (18 luglio 1854), Arcangelo Saleri (10 marzo 1873), Lorenzo Zubbiani (29 giugno 1899), Giuseppe Albertini (10 settembre 1909), Pietro Cioccarelli (30 aprile 1915), Giovanni Giacomo Berti (14 luglio 1927 - 3 gennaio 1935), Giacomo Zerneri (19 giugno 1935 - 3 marzo 1958) , Enrico Albini (14 maggio 1958 - 13 giugno 1958), Bortolo Fuoco (14 giugno 1958 - 21 luglio 1970), Francesco Vezzoli (1 ottobre 1970).